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DELEGA DI FUNZIONI IN MATERIA AMBIENTALE

Sebbene la disciplina normativa in materia ambientale non codifichi espressamente l'istituto della delega di funzioni, la Corte di Cassazione, in analogia ai principi affermati con riguardo ai reati commessi con la violazione delle disposizioni in materia di igiene e prevenzione degli infortuni sul lavoro, ne ha da tempo riconosciuto l'efficacia, precisandone anche gli stringenti requisiti di validità.


Una recente sentenza della Corte di Cassazione


Tali requisiti sono stati da ultimo ribaditi con la sentenza n. 15941 del 27.05.2020 in un caso di attività di gestione di rifiuti non autorizzata.


Nel procedimento penale oggetto di pronuncia, due consiglieri di amministrazione di una società a responsabilità limitata sono stati ritenuti responsabili per la violazione delle disposizioni sul deposito temporaneo di rifiuti nel luogo di produzione (artt. 110, 40 cpv. c.p. e 256, comma 2 D.Lgs. 152/2006), in concorso con il terzo consigliere di amministrazione, delegato in via esclusiva per le materie della sicurezza ambientale e dello smaltimento di rifiuti, per non aver vigilato in ordine al corretto espletamento delle funzioni a quest’ultimo delegate.



La delega di funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro


Si ricorda che l’istituto della delega di funzioni nelle materie della salute e sicurezza sul lavoro, di matrice giurisprudenziale e dottrinale, ha ricevuto preciso statuto normativo con l’entrata in vigore del D.Lgs. 81/2008 allorquando il legislatore ne ha dettato la struttura, i requisiti essenziali e gli effetti giuridici.


L’articolo 16 del D.Lgs. 81/2008 prevede che la delega è valida se:


  • risulta da atto scritto recante data certa;

  • è conferita ad un soggetto dotato dei requisiti di professionalità ed esperienza richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;

  • attribuisce al delegato tutti i poteri di organizzazione, gestione e controllo richiesti dalla specifica natura delle funzioni delegate;

  • attribuisce al delegato l'autonomia di spesa necessaria allo svolgimento delle funzioni delegate;

  • è accettata per iscritto dal soggetto delegato;

  • viene data tempestiva pubblicità.

Il datore di lavoro tuttavia non può, una volta conferita la delega, disinteressarsi delle problematiche della sicurezza. In capo al delegante permane infatti un onere di informazione, nella fase attuativa, sulla gestione della delega ed un obbligo di intervento, in via sostitutiva, ogni qual volta ciò sia richiesto dal mancato o inidoneo esercizio dei poteri-doveri oggetto di trasferimento. La delega di funzioni infatti non esclude l'obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.


Il D.Lgs. 81/2008 prevede che tale obbligo si intenda assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello organizzativo ex D.Lgs. 231/2001.


Nel dettaglio, la norma precisa che vi deve essere un idoneo sistema di controllo sul funzionamento del modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate (quindi non solo adozione del modello, ma anche un’efficace attività di controllo sull’effettività e sull’adeguatezza del medesimo da parte dell’Organismo di Vigilanza).


La legge consente poi la facoltà di subdelega. E’ espressamente stabilito, tuttavia, che il delegato di secondo livello non possa, a sua volta, delegare le funzioni delegate.


Si precisa, ancora, che il legislatore ha sancito un principio di generale delegabilità (art. 16, comma 1), il quale può incontrare eccezioni solo nei casi in cui la delega sia “espressamente esclusa”. Tale limite si ritrova nel successivo articolo: ai sensi dell’articolo 17 del D.Lgs. 81/2008 gli unici obblighi non delegabili sono la valutazione di tutti i rischi con la conseguente redazione del DVR e la nomina del RSPP.



Requisiti di validità ed efficacia della delega di funzioni in materia ambientale


Tornando alla delega di funzioni in materia ambientale, la giurisprudenza ha affermato che per attribuirsi rilevanza penale all'istituto è necessaria la compresenza di precisi requisiti:


  • la delega deve essere puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante di poteri residuali di tipo discrezionale;

  • il delegato deve essere tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli;

  • il trasferimento delle funzioni delegate deve essere giustificato in base alle dimensioni dell'impresa o, quantomeno, alle esigenze organizzative della stessa;

  • la delega deve riguardare non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali e di spesa;

  • l'esistenza della delega deve essere giudizialmente provata in modo certo.


L’obbligo di vigilanza del delegante


A fronte dell'analogia con l'istituto fatto oggetto di espressa codificazione, la giurisprudenza ha ritenuto di estendere anche alla delega in materia ambientale l'obbligo di vigilanza del delegante in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite.


La natura e i contenuti dell'obbligo di vigilanza del delegante sono distinti da quelli che incombono sul delegato al quale vengono affidate le competenze afferenti alla gestione del rischio che di volta in volta viene in rilievo. Al delegante infatti non è richiesto un controllo puntuale e continuativo delle modalità di svolgimento delle funzioni trasferite, bensì una verifica circa la correttezza della complessiva gestione del rischio da parte del delegato.


Da ciò deriva che se il delegante abbia contezza - o possa averla, con l'uso della diligenza richiesta a chi continua a ricoprire una, pur diversa, posizione di garanzia - dell'inadeguato esercizio della delega e non intervenga (richiamando, ad esempio, il delegato all'osservanza delle regole, verificando poi che questo avvenga, revocando la delega nei casi più gravi o di continuato inadempimento delle funzioni) lo stesso risponderà dei reati commessi dal delegato ai sensi dell'art. 40 comma 2 c.p.


Come si è visto, l’articolo 16 comma 3 del D.Lgs. 81/2008 prevede che l’obbligo di vigilanza “si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all'articolo 30, comma 4[1].



In materia di salute e sicurezza sul lavoro è quindi la stessa legge a sancire l’importanza dell’adozione e dell’efficace attuazione di un Modello di organizzazione, gestione e controllo ai sensi del D.Lgs. 231/2001 congiuntamente alla previsione di un idoneo sistema di deleghe e funzioni e al fine di evitare il sorgere di gravi responsabilità in capo ai Datori di Lavoro e alle società.


In campo ambientale, invece, non esiste una norma di tenore analogo a quella dell’art. 16, comma 3 D.Lgs. 81/2008, operando la presunzione dell’assolvimento dell’obbligo di vigilanza del delegante, attraverso l’adozione e l’efficace attuazione del modello, solo per le violazioni in materia antinfortunistica.



Il rapporto tra Modello 231 e deleghe ambientali


Ciò nondimeno, la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di evidenziare il rapporto di stretta correlazione tra la presenza di deleghe ambientali e l’idoneità del Modello.


La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9132 del 24 febbraio 2017, nell’ambito di un procedimento per attività di gestione di rifiuti non autorizzata, in cui erano imputate non solo le persone fisiche, ma anche la società, ha affermato che il modello di organizzazione e gestione può essere considerato inefficace in virtù della sola assenza di idonee deleghe di funzioni[2].


Nel caso di specie la società era stata condannata per l’illecito amministrativo di cui all’art. 25-undecies, comma 1, lett. a) e comma 6 perché aveva reso possibile la consumazione, nel proprio interesse, del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4 (“Attività di gestione di rifiuti non autorizzata”) a causa dell’assenza di un modello organizzativo riguardante le procedure da adottare in materia di rispetto dell’ambiente, sia relativamente alle prassi operativo-decisionali da adottare che relativamente alla designazione di un organo di controllo e vigilanza sulla corretta esecuzione dei piani.


Nella sentenza indicata la Corte di Cassazione, nel ribadire alcuni punti cardine della responsabilità amministrativa degli enti, va a precisare il rapporto di stretta correlazione esistente tra modello 231 e delega di funzioni ritenendo come quest’ultima costituisca un elemento idoneo ed esimere la società dalla colpa di organizzazione.


La delega di funzioni come elemento idoneo ad esimere l'ente da responsabilità


I giudici di legittimità fanno discendere la prova dell’inefficacia del modello di organizzazione in virtù della sola assenza di idonee deleghe di funzioni.


La delega di funzioni può quindi essere valutata come strumento organizzativo idoneo ad assolvere quell’onere di segmentazione ed articolazione di funzioni necessario ai fini della compliance 231.


L’articolo 6 comma 2 del D.Lgs. 231/2001, nel dettare i requisiti essenziali del Modello, statuisce infatti che questi debbano essere definiti “in relazione all'estensione dei poteri delegati e al rischio di commissione dei reati”, con ciò attribuendo rilevanza, nell’iter di costruzione del modello, alla valutazione del sistema di distribuzione poteri all’interno della società.


Conformemente, le Linee Guida di Confindustria per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo, tra i sistemi di controllo preventivo dei reati dolosi, individuano i “poteri autorizzativi e di firma”, consistenti in un sistema di deleghe e procure, mentre con riguardo ai reati colposi, una struttura organizzativa coerente con le previsioni di cui all’art. 30, comma 3, D.Lgs. 81/2008 ai cui fini si richiama espressamente lo strumento della delega di funzioni.


A fronte di quanto sopra è evidente l’interdipendenza e la complementarietà del modello organizzativo e dell’istituto della delega di funzioni anche in campo ambientale.


Un adeguato sistema di poteri e deleghe in materia ambientale costituisce un pilastro fondamentale per la costruzione di un modello organizzativo capace di prevenire la commissione dei reati ambientali di cui all’art. 25-undecies del D.Lgs. 231/2001.



In sintesi


La DELEGA DI FUNZIONI IN MATERIA AMBIENTALE è valida a condizione che:


a) sia puntuale ed espressa, con esclusione in capo al delegante di poteri residuali di tipo discrezionale;


b) il delegato sia un soggetto tecnicamente idoneo e professionalmente qualificato per lo svolgimento del compito affidatogli;


c) il trasferimento delle funzioni delegate deve essere giustificato quantomeno in base alle esigenze organizzative dell’impresa;


d) riguardi non solo le funzioni ma anche i correlativi poteri decisionali di spesa;


e) la sua esistenza sia giudizialmente provata in modo certo.



La delega di funzioni costituisce un pilastro fondamentale per la costruzione di un modello organizzativo capace di prevenire la commissione dei reati ambientali di cui all’art. 25-undecies del D.Lgs. 231/2001.




La delega di funzioni può costituire uno strumento idoneo ed esimere la società dalla colpa di organizzazione.




Ilaria Tolio




[1] L’articolo 30, comma 4, del D.Lgs. n. 81/2008 dispone che: “...il modello organizzativo deve altresì prevedere un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Il riesame e l’eventuale modifica del modello organizzativo devono essere adottati, quando siano scoperte violazioni significative delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all’igiene sul lavoro, ovvero in occasione di mutamenti nell’organizzazione e nell’attività in relazione al progresso scientifico e tecnologico”. [2]Nel caso de quo i membri del Consiglio di Amministrazione di una società per azioni erano stati ritenuti colpevoli del colpevoli del reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 4 (“Attività di gestione di rifiuti non autorizzata”), perché, nella loro qualità, non avevano osservato le prescrizioni dell’autorizzazione.In particolare, gli imputati, persone fisiche, rispondevano del reato loro ascritto perché, nella già indicata qualità:a) non avevano conservato presso l’impianto i referti analitici dei rifiuti;b) non avevano eseguito una puntuale verifica dei rifiuti in entrata, al fine di catalogarli adeguatamente;c) avevano omesso di conservare presso l’impianto i registri di carico e scarico dei rifiuti;d) avevano omesso di apporre la prevista segnaletica nei silos di deposito rifiuti.Anche la società era stata ritenuta responsabile dell’illecito amministrativo di cui al D.Lgs. n. 231 del 2001, art. 25-undecies, comma 1, lett. a) e comma 6, con applicazione della sanzione pecuniaria di 35.000,00 Euro.

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